Mondo Rom

La popolazione Romanì

Rom, sinti, zingari, nomadi, viaggianti, giostrai, ecc. Tanti termini utilizzati in modo dispregiativo per puntare il dito verso una popolazione poco e mal conosciuta.
Nel corso del 1° Congresso della Romani Union Internazionale svoltosi a Vienna a partire dal 8 aprile 1971 erano presenti rappresentanti della popolazione Romanì di quasi tutti i paesi del mondo. In questa occasione si è condiviso la bandiera della popolazione romanì, l’inno Gelem gelem, ed il nome Rom (romanì, romanò, romanipè, ecc.)
Il mondo romanó oggi è costituito essenzialmente da cinque grandi comunità: Rom, Sinti, Kale, Manouches e Romanichals, un’unica lingua, il romanès o romanì chib, e sono stati classificati 18 dialetti.
Questi etnonimi significano essenzialmente uomo e, da un punto di vista generale, possono essere considerati, fra loro, sinonimi, ovvero Rom è l’etnonimo originario e tutti gli altri sono dei derivati.
Gli etnonimi Rom (sostantivo invariabile) e Roma (plurale di Rom) sono quelli più largamente usati fra le comunità romanès di tutto il mondo e derivano dal termine Ûom che designava nei territori persiani un gruppo etnico eterogeneo d’origine indiana.
Gli Sinti, singolare Sinto, deriverebbero il loro nome da Sindhi ovvero la popolazione che viveva nella regione del Sind a Nord ovest dell’India (oggi in Pakisthan). Quindi il termine Sinto è un toponimo (nome del luogo).
I Kale o Cale derivano il loro nome dall’aggettivo hindi kŠlŠ che significa nero.
Per Kale si intendono le comunità romanès della Finlandia e del Galles, mentre con Calo e Calão si designano rispettivamente le comunità romanès della Spagna e del Portogallo. In Brasile esistono gruppi romanès che si autodeterminano come Kalãos così come in Iraq e in Africa del Nord (Algeria) si designano come Kaulja.
I Manouches derivano il loro nome dal sànscrito manuÒ che significa uomo, essere umano. I Manouches si trovano soprattutto in Francia meridionale, il loro dialetto romanès ha molti imprestiti tedeschi.
I Romanichals o Romanichels sono insediati soprattutto in Inghilterra (ma anche in Australia e in Nord America) derivano il loro nome da due termini romanès: romaní (aggettivo) e da chals o chels che deriva dal romanès havo/have che significa figlio, figli, ma anche giovane, giovani. La traduzione letterale sarebbe dunque i figli/giovani Rom.

Cultura Romanì

Misconosciuta, male interpretata, addirittura in qualche modo negata, l’identità romanì ha resistito nei secoli a diversi tentativi di assimilazione, mantenendo nel tempo tratti specifici che ne hanno alimentato la propria diversità e la propria peculiarità.
Al di là delle diversità dei congiunti storico-geografici, perfino delle dure opposizioni, esiste l’idea di un’appartenenza condivisa a tratti culturali che la definiscono in contrapposizione al non-rom .
Vediamo per sommi capi quali sono i tratti culturali propri della cultura romani’: l’idea di un origine comune aldilà della diversificazione storico e geografica dei gruppi; la tradizione nomade, sia essa scelta od imposta dalla conflittualità vissuta nei rapporti con la società maggioritaria; il sostrato linguistico ovvero una lingua comune, il romanès, che si è articolato in 18 dialetti principali, lingua derivata dal sanscrito da cui trae la maggior parte dei vocaboli e lemmi; l’importanza attribuita all’età e all’esperienza come principi ordinatori di status, il rispetto quasi sacrale per i morti.
A ciò si deve aggiungere l’organizzazione sociale basata fondamentalmente sulle relazioni nell’ambito della parentela; concetti etici legati all’idea di purezza e contaminazione, dicotomia che si applica a tutta la realtà fisica e sociale e da cui discendono relative regole di condotta e, ovviamente, la coesione solidaria rispetto al non-rom, questi sono alcuni degli elementi sui quali è incentrata l’identità culturale romanì.
Un’identità culturale che ha attraversato un cammino tortuoso durante i secoli, che ha interagito con le culture con le quali entrava in contatto, ma che ha difeso gelosamente la sua diversità dimostrando una straordinaria capacità di resistenza all’assimilazione e la capacità di conservazione della propria alterità culturale di cui hanno dato prova i rom sparsi per il mondo. Una cultura adattativa, che ha salvaguardato la propria specificità attraverso una strategia basata su una costitutiva flessibilità e su un modello economico caratterizzato dalla polivalenza e dalla preferenza per il lavoro autonomo, nonché l’inserimento in nicchie occupazionali marginali del sistema economico generale.
È così che i rom sono riusciti a permettere la sopravvivenza di una spiccata, quanto contrastata, alterità nonostante il forte processo acculturativo vissuto dal gruppo nel corso della storia. La situazione odierna è realmente complessa per le comunità rom; già da decenni le trasformazioni socio – economico – culturali della società maggioritaria hanno reso quasi del tutto inefficaci le strategie culturali tradizionali.
La cultura romani’, come ogni cultura, è in costante mutamento, ed in alcuni casi vive processi irreversibili di de-strutturazione e disintegrazione culturale, a causa della pressione della società maggioritaria, soprattutto oggi nel contesto dell’attuale società post-industriale e nell’ambito delle difficili condizioni di emarginazione e segregazione nelle quali vivono molti appartenenti alla minoranza.
Ciononostante la cultura romani’ ha in se’ le capacità per intraprendere un cammino di autopromozione e di rilancio nel contesto della società contemporanea, e non mancano segnali al riguardo, come ad esempio la nascita negli anni ’60 di organizzazioni come l’unione internazionale romani’ ed altre realtà sorte nei vari paesi dove vivono comunità rom, realtà create sia da rom che da non rom e che hanno l’obiettivo di tutelare e promuovere l’identità culturale della minoranza.
Questo sforzo si traduce, ad esempio, nella promozione dell’uso del romanès a tutti i livelli, che va di pari passo alla sua standardizzazione nella sua forma scritta.
Quello che abbiamo di fronte è quindi un quadro complesso e presenta elementi contraddittori; sarà responsabilità anche della società maggioritaria quella di supportare i processi di rinnovamento e di rielaborazione interni alla cultura romani.
I rapporti tra i rom e la società maggioritaria sono sempre stati tesi, con punte di ostilità esasperate, ed i rom hanno risposto con la chiusura e l’autoemarginazione alla spinta assimilatrice, oggi è arrivato il momento di favorire l’inclusione aldilà di logiche assimilazioniste ed assistenzialiste.

I Rom in Europa

I Rom, globalmente intesi, rappresentano la più consistente minoranza etnica presente sul continente Europeo e all’interno dei confini dell’Unione Europea.
Le stime sulla consistenza della Minoranza in Europa non sono verificabili con esattezza, ma la presenza in praticamente tutti i Paesi del Continente (anche fuori dai confini dell’Unione), è sufficiente a rendere l’insieme di tali popolazioni una “Minoranza Europea”, anzi – come detto – la più grande minoranza europea.
Gran parte di questa – i due terzi circa – si trova nell’Europa Centrale Balcanica e Orientale dove troviamo ,ad esempio, consistenti comunità in Romania, in Bulgaria, in Ungheria, in Serbia e in Slovacchia; in Europa Occidentale il Paese che registra la presenza quantitativamente più importante è la Spagna; contrariamente al “comune sentire” la maggior parte di questi gruppi in Italia, come in Europa, è stanziale, mentre solo una piccola parte pratica forme di nomadismo ed una mobilità itinerante circoscritta a specifici territori. La storica frammentazione territoriale, le diverse condizioni vissute nei vari Paesi, le differenze linguistico-culturali e religiose rendono vani gli sforzi di definizione di una sorta di “Storia Generale dei Rom”. Ciononostante è possibile individuare alcuni elementi di continuità nella Storia di questa minoranza in Europa.
Nel vissuto storico i vari gruppi rom, nei diversi paesi nei quali si sono insediati o nei territori attraversati, hanno vissuto esperienze di persecuzione, di emarginazione e conosciuto processi di assimilazione forzata. Le capacità reattiva da un lato ed adattiva dall’altro hanno permesso a queste popolazioni di mantenere una propria identità culturale, un’identità che rifugge semplicistiche definizioni di sintesi, che si alimenta di rimandi molteplici, una cultura plasmata dall’incontro con altre civiltà, incontro, a volte, conflittuale. Originari dell’india del Nord Giunsero in Europa dopo un lungo secolare percorso attraverso l’Armenia, Persia ed impero Bizantino (X-XI sec.) ; dopo aver sostato per alcuni secoli nelle regioni Balcaniche diversi gruppi ripresero il viaggio e giunsero in Italia e nell’Europa Occidentale tra XIV e XV sec.
Oggi, in Europa, la condizione dei rom in tutti i paesi pone una serie di problematiche alle istituzioni delle società maggioritarie (anche sovra-nazionali) ed ai governi nazionali e locali, problematiche che possiamo ricondurre sinteticamente a tre ambiti interconnessi tra loro :
  • Dimensione socio-economica di emarginazione e povertà, e le problematiche conseguenti;
  • Dimensione della Discriminazione Razziale e dell’intolleranza;
  • Dimensione politica relativa al riconoscimento politico-istituzionale della minoranza ed il problema della rappresentatività della stessa
A questi ordini di problemi stanno cercando di rispondere le Organizzazioni Internazionali che, soprattutto negli ultimi 15 anni circa stanno intensificando gli sforzi in tali campi, ciononostante le condizioni di buona parte delle comunità rimane difficile e la strada da percorrere ancora lunga.

I Rom in Italia

Non esistono dati ufficiali realmente affidabili circa la consistenza delle comunità Rom nel nostro Paese. Le stime generalmente indicano una popolazione che si aggiorna attorno alle 100-120 mila persone, pari allo 0,3 % circa della popolazione totale, tra le percentuali più basse d’Europa dove, ad esempio, in altri Paesi come la Spagna e la Francia troviamo rispettivamente l’1,6 % e lo 0,5% di rom sul totale della popolazione.
La maggiorparte è rappresentata da cittadini italiani, è stanziale e solo una minoranza mantiene forme di itineranza e di mobilità sul territorio.
Una popolazione caratterizzata da un’età media notevolmente più bassa della società maggioritaria ed una speranza di vita che nei contesti più marginalizzati non arriva a 60 anni, e che vede la presenza di insediamenti con indici di mortalità molto alta. Tale popolazione si articola in una varietà di gruppi caratterizzati da condizioni giuridiche e socio-culturali differenti.
Nel macro insieme Rom in Italia troviamo cittadini italiani, cittadini comunitari e cittadini extracomunitari, a cui bisogna aggiungere i rifugiati e gli apolidi. Ad oggi sono circa 30 i gruppi rom che sono presenti in Italia tra i cosiddetti “autoctoni” (discendenti dei nuclei storici) e gli “stranieri” giunti a più riprese nei periodi successivi.
Tra i rom autoctoni distinguiamo le comunità Rom e Sinte presenti da circa 600 anni nel nostro paese, cittadini italiani che vivono sostanzialmente in tutte le regioni della Penisola; nel contesto di queste comunità per quanto riguarda il Meridione, molto importanti sono i Rom abruzzesi, Rom Pugliesi, Lucani, Rom Napoletani (napulenghere), Cilentani, Rom Calabresi ed un piccolo, particolare, gruppo chiamato dei Caminanti siciliani, mentre i Sinti vivono nelle regioni centro-settentrionali e se ne contano almeno una decina di gruppi. A questi bisogna aggiungere i rom provenienti dall’Europa Balcanica ed Orientale che sono arrivati a più riprese nel corso del ‘900 (dagli Harvati e Kalderasha dei primi anni ’20 ai gruppi di khorakhanè e dasikhanè degli anni ’60-’70 per arrivare alle migrazioni causate dalla guerra civile yugoslava). A partire dagli anni ’90 ed ai giorni nostri il flusso più consistente è quello proveniente dalla Romania, anche in virtù dell’allargamento dell’Unione Europea.
Le comunità che vivono nel nostro Paese mostrano un elevato grado di eterogeneità in relazione al gruppo di appartenenza, al periodo e al contesto di insediamento, alle caratteristiche socio-culturali, finanche allo status giuridico.

Discriminazione e Romofobia

A fronte di uno sforzo intenso a livello politico-culturale volto alla produzione di strumenti atti al contrasto della xenophobia in genere e al risalto che nel Discorso Pubblico hanno fenomeni come, ad esempio, l’antisemitismo, fino a non troppo tempo fa il disinteresse verso la discriminazione dei Rom era tale che nemmeno esisteva un termine per definirlo. Il termine Romofobia compare sulla “scena” molto recentemente, come solo negli ultimi anni si è andata strutturando la narrazione circa il “Porrajmos” (divoramento), lo sterminio sistematico di centinaia di migliaia di rom agito dai nazisti e ancora misconosciuto ai più.
Oggi più che mai è necessario implementare un lavoro deciso e puntuale di informazione e formazione per destrutturare i pregiudizi alla base della discriminazione e della romofobia imperante. La via maestra per “aggredire” il processo di stigmatizzazione alla base della discriminazione rimane la conoscenza. Ancora oggi dopo secoli di convivenza la media delle persone non rom ha una conoscenza dei rom solo esclusivamente filtrata da stereotipi e pregiudizi. Il primo dato da cui partire è quindi il misconoscimento dell’altro, misconoscimento, tra l’altro, reciproco. Questo lavoro di decostruzione degli stereotipi non può prescindere da un impegno generale di implementazione di politiche integrate sul livello occupazionale, formativo, abitativo e di accesso ai servizi sanitari.


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