Condividere prassi già avviate con successo in territori vicini, come la creazione di fattorie o campeggi turistici, per riprenderle anche in Emilia-Romagna. E' quanto emerso dall'incontro di venerdì fra il Difensore civico regionale, Daniele Lugli, e i rappresentanti di Nazione Rom, una associazione nata in Toscana nel 2009 e attiva in tutta Italia per il riconoscimento dei diritti del popolo rom.
In Emilia-Romagna la presenza rom è stimata dall'Associazione in alcune centinaia di persone, di cui circa 200 in provincia di Bologna tra le aree di Via Saffi, Ospedale Maggiore, Casalecchio e il centinaio di persone sgomberate da Casteldebole. Altre famiglie sono indicate a Faenza, Rimini e Modena.Marcello, Daniel e Liubo, tre portavoce dell'associazione, hanno presentato, spiega Lugli, "i molti problemi incontrati dai rom in Emilia-Romagna, dalla discriminazione diffusa ai rapporti con le istituzioni, chiedendo con forza che Regione ed enti locali si attivino per la realizzazione della strategia nazionale per l'integrazione delle persone rom, sinti e caminanti". Proprio a questo scopo l'associazione sta costituendo comitati di rappresentanza che si propongono come interlocutori nella costruzione di strategie condivise contemporaneamente rivolte a scuola, lavoro, casa, salute.
Nazione Rom ha riferito al Difensore civico di aver avviato in Toscana progetti per la costruzione di fattorie biologiche o di campeggi gestiti da famiglie gitane, e che iniziative simili potrebbero essere pensate anche per l'Emilia Romagna. Tra le diverse esperienze positive riportate, "anche quella di Liubo e della sua famiglia, rom bosniaci da lungo tempo in Italia che ormai da diversi anni vivono in appartamento e stanno riuscendo a mantenere la casa, mandare i bambini a scuola, svolgere una vita regolare".
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